lunedì 15 giugno 2015

Un weekend di orgoglio e pregiudizio

Il 5 e il 6 giugno sono stati per me una montagna russa di emozioni (e so che sarò sconclusionata nel raccontarle, ma portate pazienza). Tutto è iniziato venerdì 5, quando ho partecipato a una conferenza intitolata  “Rappresentare il Mondo LGBT” con Chiara Reali, Francesca Vecchioni, Fulvio Zendrini, Franco Grillini e Stuart Milk (attivista americano e nipote di QUEL Milk, Harvey). Tra i messaggi più importanti, sicuramente la raccomandazione a stimolare i media tradizionali, a richiamarli, a far sapere loro che il tema LGBT è caro a molti, che vogliamo leggere di questi argomenti, ma solo se li affrontano in modo corretto. E il messaggio finale di Stuart: se siete contro l'omofobia, combattete anche contro il razzismo. Se non vi piace che i bulli se la prendano coi ragazzini LGBT, indignatevi anche per le discriminazioni contro le donne e così via. Perché quando le minoranze si uniscono, diventano maggioranza.
Esaltata dal discorso di Stuart e dopo aver accompagnato Chiara in stazione, sono "tornata al mio paese", dove si stava tenendo un'agghiacciante conferenza contro l'ideologia gender. Non consiglio l'esperienza, in particolare dopo aver conosciuto Stuart Milk. Qui il messaggio che mi ha colpito di più è stato: "I gay vogliono farci credere che la famiglia sia ovunque c'è amore, ma non è vero". E il tizio - di cui purtroppo non so il nome - si è prodigato a spiegare che se lui un giorno non dovesse più voler bene a sua moglie, la famiglia sarebbe sempre una famiglia. Non si può basare tutto sull'amore, dice lui. E questo spiega i matrimoni infelici, in cui spesso la donna ha la peggio, dico io. Il voler stare insieme anche quando non c'è più niente a tenere unita una coppia a me non sembra il posto ideale dove crescere dei figli, non mi sembra quella una famiglia modello, ecco.
Dopo 10 minuti di stronzate colossali, in un teatro silenzioso come neanche a messa, me ne sono andata. Nauseata.
Sabato poi mi sono ripresa partecipando per la prima volta (la terza per Verona, dopo il '95 e il 2001) a un vero e proprio Pride. È stata un'esperienza FAVOLOSAH. C'era moltissima gente, i dati ufficiali parlano di 5.000 persone provenienti da Verona e da tutto il nordest.
A parte il divertimento nel cantare Cicale di Heather Parisi con altre centinaia di persone e del fare festa insieme, il Pride aveva anche un significato profondo per me e per i miei concittadini. Il Pride è un'esperienza unica per una persona LGBT, specialmente in un mondo omo-bi-transfobico e molto cattolico come Verona.
Vivere in una città omofoba significa sapere con quali persone puoi parlare liberamente con quali invece è meglio stare zitti. Significa sapere quando si può essere affettuosi col proprio partner e quando invece è meglio far finta di non conoscersi nemmeno. Significa imparare a non vergognarsi di se stessi anche quando tutti attorno a te dicono il contrario.
Perciò l'orgoglio che mostriamo nei Pride non è l'orgoglio nietzschiano, sfrenato e inesorabile, ma un orgoglio che dice "per una volta posso baciare il/la partner senza rischiare un'aggressione". Orgoglio che dice "per una volta posso essere me stesso/a senza paura". Orgoglio che dice "molte di queste persone sono come me e le altre, pur diverse da me, mi accettano per quello che sono".
Per una volta, in centro a Verona, ho visto coppie omosessuali tenersi per mano con quell'orgoglio e non col terrore, ed è stato bellissimo.
Bellissimo è anche il fatto che nel Pride si rovescino i ruoli: per una volta, tutti danno per scontato che tutti siano LGBT fino a prova contraria. L'eteronormatività se ne va in vacanza per un giorno.
Questo non significa che non apprezzi la presenza degli alleati etero e cisgender - che erano molti - al Pride. Anzi. Ma è bello, per una volta, che tocchi a loro correggere le presunzioni errate.
Infine, è stato bellissimo sentirsi dire, in una piazza Bra gremita: "I'm here to recruit you" da un Milk, anche se non era Harvey. Stuart ha poi concluso ricordando la manifestazione di Forza Nuova, Christus Rex e compagnia (affluenza: 100 persone), che era in corso all'Arsenale e ha detto: "L'altra manifestazione si chiama Family Pride, ma sappiate che il vero Family Pride è questo! Questa è la vera famiglia umana!"

mercoledì 27 agosto 2014

Omosessualità, colei che non dev'essere nominata

Una sera di poco tempo fa mi è capitato di assistere a una conversazione direi surreale, ma forse non è la parola giusta. La parola giusta è "stupida".
Riassumendo, i presenti - tutti uomini etero - sparlavano di alcuni politici di Verona e provincia - tutti di (centro)destra - e riportavano le voci secondo le quali questi esponenti sarebbero in realtà gay, e quindi come le loro mogli e figli sarebbero soltanto una copertura.
Lasciatemi fare un paio di riflessioni, anche se non ne vale la pena.
  1. Non è la prima volta che sento questo tipo di discorsi fatti da uomini etero su altri uomini etero, ma - fatalità! - non mi è capitato di sentire gli stessi discorsi fatti da donne (etero o gay). A volte sento donne gay parlare di altre donne etero - ma di solito queste ci azzeccano, vedi Jodie Foster, Ellen Page e Zoie Palmer (ci manca ancora KStew, ma c'è ancora speranza).  E comunque lo facciamo non per denigrare, ma perché un po' ci si spera sempre di averle in squadra. Gli uomini etero, invece? Che scusa hanno?
    Cari uomini etero, il vostro interesse morboso per ciò che fanno gli altri uomini in camera da letto è davvero al limite dell'eterosessualità.
  2. Se proprio vi sentite in dovere di fare gli omofobi, prendete un po' di coraggio e fatelo bene. Dico io, se non avete coraggio di dire "omosessuale", dite "gay", se non vi riesce nemmeno quello, cercate sul dizionario un sinonimo che sia anche dispregiativo. Perché a me viene da ridere quando partite in quarta con: «Si dice che X sia...» e vi fermate qui, facendo ammiccamenti o toccandovi l'orecchio come i cani con le pulci. Che cos'è X? Cosa si dice che sia? Voldemort? Colui-che-non-deve-essere-nominato?
    Cari uomini etero omofobi, abbiate un po' di coraggio, altrimenti sembra davvero che la vostra sia una fobia. Invece siete solo dei bulletti ignoranti.

martedì 4 febbraio 2014

Orphan Black, every clone is a killer

Beth killed Maggie Chen (and herself).

Helena killed The German (but also The Austrian, The French and The Italian).

martedì 28 gennaio 2014

“Rane volanti (e altre magie)” di Andrea Perlangeli

Per Natale mi sono regalata Rane volanti (e altre magie). Levitazione, teletrasporto, invisibilità: i miracoli della scienza di Andrea Perlangeli e lo sto leggendo con molto piacere.
Il libro parla di fisica – quantistica, perlopiù – ma ne parla in modo così semplice che anche chi, come me, non tocca un libro di fisica dalla fine del liceo riesce a capire. Anzi, azzardo ancora di più e dico che anche chi non ha mai studiato fisica potrebbe capirlo. Ma non è un libro per tutti. Coloro che, ad esempio, pensano: «Io di fisica non ci capisco niente» a priori, è meglio che lo evitino.

mercoledì 15 gennaio 2014

Improv Everywhere - Il film

Da una settimana circa è possibile acquistare (online o su iTunes) il documentario We Cause Scenes – The Rise of Improv Everywhere.

Cos'è Improv Everywhere? Com'è nato? Chi l'ha fondato?
Queste sono tutte domande che trovano risposta nel documentario, ma siccome voglio invitarvi a comprarlo, vi darò qualche indizio. Improv Everywhere è un gruppo di persone che fa riferimento a Charlie Todd, il fondatore, e che crea un “divertimento organizzato” per un pubblico random, che può essere quello della stazione dei treni, quello di un centro commerciale, quello dei passanti che casualmente si trovano davanti Gandalf...

venerdì 15 novembre 2013

Coppie gay: adozioni sì, adozioni no, adozioni gnamme

Sono piuttosto sicura che, avendone il tempo, potremmo convincere qualsiasi persona intelligente e non integralista a sostenere le adozioni per le coppie omosessuali. Purtroppo spesso non abbiamo il tempo di confutare ogni singola critica, ogni studio pseudoscientifico, ogni notizia mal interpretata. Così ho deciso di tradurre una parte del libro My Two Moms di Zach Wahls e di riportarla sull'internet per avere sempre un link da sfoggiare quando “guarda ora non ho tempo”.
Zach Wahls – come ho già avuto modo di scrivere – è un ragazzo di 22 anni dell'Iowa (stato tra Missisipi e Missouri, nel centro degli Usa). Nel libro My Two Moms racconta la sua esperienza di figlio di due mamme per dimostrare al mondo omofobo che crescere in una famiglia omogenitoriale non è poi tanto diverso dal crescere in una qualsiasi altra famiglia WASP americana.
My Two Moms si conclude con un'appendice, intitolata The Debate (il dibattito), nella quale Zach risponde alle critiche più frequenti che si è sentito rivolgere.

mercoledì 2 ottobre 2013

Noi ci saremo, io c'ero

Sabato 21 settembre 2013

Tornata dal lavoro, ho pranzato e sono corsa a perdere (sic) l'autobus - sì, perché sono una campionessa di puntualità, io -, quindi con l'autobus dopo sono andata fino a Verona, in piazza Bra.
Non vado spesso alle manifestazioni e non partecipo attivamente alla vita associativa, ma in alcuni casi - e non solo alle Olimpiadi - è davvero importante partecipare. E lo era sabato. Non si poteva lasciare Verona in mano ai Tosi-boys e ai catto-fascisti (per usare un po' di retorica), quindi ho raggiunto il presidio contro la conferenza "Per l'uomo o contro l'uomo" che si stava tenendo in Gran Guardia.